Racconto di Luca Battisti
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Doveva fare una riunione online e il suo portatile negli ultimi tempi faceva i capricci con la connessione; per questo aveva chiesto a sua moglie di prestargli il suo, più stabile. Tanto a lei non serviva. Aveva il giorno libero e si era stesa sul divano in salotto a leggere un romanzo in attesa che lui terminasse prima di mettersi a tavola per la cena.
A un certo punto, mentre gli oratori si succedevano e lui restava connesso solo per cortesia avendo esaurito il suo compito – notò che vicino alla barra degli strumenti era comparsa una finestra.
Era un sito di incontri online, ricordò il nome di quel sito: una volta, per gioco, avevano creato un profilo falso con una foto di Lisa e un Nick scelto di comune accordo; erano curiosi di sapere come funzionassero quei meccanismi di incontro Evidentemente sua moglie aveva continuato per svariati mesi a frequentare quel social per amanti clandestini.
Aprì l’annuncio e vide che nel profilo di Lisa era in cronologia la chat con un altro utente. Solo uno. Un uomo che non aveva mai visto.
C’era stata una conversazione preliminare al termine della quale erano fissati un orario e un luogo di incontro. Poi il tono diventava più scabro: erano solo indicate date di appuntamento e il tono delle richieste era laconico ed esplicito. Lui chiamava, stabiliva un luogo (sempre il medesimo) e un orario; lei rispondeva con un sì o con altre formule affermative brevi. Non c’erano dettagli di altro tipo. Solo gli ultimi messaggi erano senza risposta. Poi lo scambio si era arenato.
–
«Cosa è questo? Che significa?». Giulio entrò nella stanza mostrandole la chat sul pc.
Lei rimase muta.
«Non ti inventi nemmeno una frase del tipo “non è come pensi, ti posso spiegare?”»
«Non lo dico perché sarebbe ridicolo. È tutto come sembra. Ma è una cosa vecchia, finita. Ma come hai fatto a trovarlo?».
«Non sta a me spiegare cosa ho fatto; credo tocchi a te».
«Non c’è nulla da spiegare. È tutto lì. È stato un colpo di testa. Giulio, tra noi nulla è cambiato».
«Questo devo stabilirlo io. Parla».
«Non reggeresti, credimi. E poi non ne vale la pena».
«Quindi lo ammetti? Dove vi siete visti?».
«In un bar, vicino a casa sua. Ma ci siamo fermati poco: mi ha chiesto subito di salire nel suo appartamento. Mi ha detto che non c’erano doppi fini, che potevamo parlare meglio».
«E quando lo hai visto? Ti è piaciuto?».
«No, quando l’ho visto non l’ho trovato bello. Aveva la faccia da stronzo. Ecco la prima cosa che ho pensato è che quello era il tipico stronzo».
«Uno stronzo. Ottimo».
«Giulio, è un modo di dire. Non fissarti sulle parole».
«E su cosa devo fissarmi? Mi fai la morale?».
«Non ti faccio la morale, ma ti prego di non farla neanche tu a me».
«Va bene. Scusami. Vorrei sapere una cosa. Sei salita in casa di uno stronzo a cuor leggero?».
«No, ero spaventata. Ma non capivo cosa mi spaventasse, se il rischio che qualcosa accadesse o il rischio che non accadesse nulla».
«E una volta a casa che è successo?».
«Mi ha fatto vedere la casa. Non c’era molto da vedere. Era piccola. In camera si è sdraiato sul letto. Mi ha detto di mettermi vicino a lui».
«E tu sei andata?».
«All’inizio ho detto di no, poi ha insistito; lo ha fatto con un tono giusto e mi sono messa vicino a lui. Ero vestita, avevo i pantaloni. Credevo che avrei saputo gestire tutto. Mi fidavo. Non lo so cosa è successo, come ho potuto permetterlo. Lui a un certo punto ha cercato un posacenere, facendolo mi ha scavalcato con il busto. Quando mi è passato sopra ho sentito il suo alito vicino al mio viso. Allora ho chiuso gli occhi».
«E?»
«Mi ha baciato. O forse sono stata io a farlo per prima. Devo essere sincera: non so chi abbia baciato chi».
«Vi siete fermati lì?»
«No, lui ha iniziato a spogliarmi. Solo la parte sotto. Sopra avevo la camicetta. Ha provato ad andare subito al dunque. Indossava ancora i jeans, in ogni caso mi ha allargato le mutandine ed ha provato ad entrare senza sfilarmele. Quando ci ha provato ho avuto una crisi e mi sono alzata di scatto. Sono andata in bagno».
«È finita così? Dimmi di sì».
Lisa lo guardò con occhi assenti.
«Ero in una bolla. Mi veniva da piangere, ma ero anche a mio agio. Era una situazione che non so spiegarti».
«È tutto? Se è così credo che potrei sopportarlo. Con fatica, ma potrei provare a ripartire».
«In bagno, dopo essermi sciacquata la faccia, ero meno tesa. Quando sono rientrata lui era sempre lì. Mi ha detto di restare tranquilla. Mi sono seduta più distante rispetto alla prima volta. Solo allora ho visto che si era tolto la maglia».
«Era completamente nudo?».
«Immagino di sì, ma la parte sotto era coperta».
«Lui sapeva già che sarebbe successo. Era sicuro di averti».
«Ho detto che avevo fatto un errore ad andare, ma lui mi ha fermata. Ha detto banalità, nulla di sconvolgente o profondo. Poi…».
«Poi?»
«Giulio, credimi: non può farti bene.».
Lui rimase fermo nella sua ostinazione.
«Poi mi ha baciato. Ci siamo baciati. Allora ho capito che era completamente nudo perché gli ho visto il sesso. Mi è venuto spontaneo carezzarlo lì. Ho pensato che potesse finire così. Mi sarei sentita meno colpevole. Invece mi ha bloccato quasi subito la mano e mi ha fatto girare sulla pancia. Poi è venuto dietro di me, da sopra, e mi ha sfilato le mutandine, stavolta del tutto».
«Quindi?».
«Quindi, da dietro, lo ha messo dentro».
«Aveva almeno il preservativo?».
«No, è una cosa a cui non abbiamo pensato. Ci siamo fidati senza parlarne. Ti giuro: per quello sono tranquilla», si affrettò a chiarire.
Giulio non si capacitava. Un uomo era entrato in lei senza protezione e per lei quello non era un problema. Poi focalizzò le parole di Lisa ed ebbe uno sbandamento.
«Cosa intendi quando dici che te lo ha messo dentro da dietro?».
«Che lo ha infilato, da dietro».
«Non capisco…». Il tono della voce di Lisa si alzò e divenne secco.
«Che me lo ha messo dietro, mi ha inculata, mi ha sodomizzata, come te lo devo dire? Che parole vuoi per capire quello che è successo?».
Giulio rimase di sasso e sentì che la terra sotto i piedi gli mancava. Tra loro non era mai successo; lei si era sempre negata da quel verso. Diceva di trovare la cosa troppo imbarazzante. Si era sempre rifiutata anche di provarci o di trovarla eccitante come fantasia.
«Non ci posso credere».
«Te lo avevo detto che era inutile saperlo, che non ti avrebbe fatto bene».
«E tu glielo hai permesso?».
«Ho soffocato un grido, mi sono venute le lacrime agli occhi quando lo ha spinto dentro. Mi ha fatto male».
«E non ti sei ribellata?».
«No, ho aspettato che finisse. Non è durato tanto. Quando si è scaricato sono corsa in bagno. Ero imbarazzata, umiliata: temevo fosse successo un macello. Invece, dopo essermi sciacquata, tutta la frustrazione è scomparsa e mi sono sentita di nuovo bene. Ero disposta a perdonarlo. Volevo stare ancora un po’ con lui. Quando sono rientrata nella stanza gli ho sorriso. Lui ha acceso un’altra sigaretta e mi ha chiesto se mi fosse piaciuto».
«E tu?».
«Gli ho detto la verità. Che è stato diverso. Che è stato inaspettato. Che per me era la prima volta e l’avevo trovato violento».
«Non posso crederci. Non è mai successo neanche tra noi…».
«Quale è il problema? Che è successo quello? Ti interessa più quello di tutto il resto?».
«E cosa è il resto?».
«Lui mi ha detto che se avesse saputo che non lo avevo mai fatto in quel modo avrebbe agito diversamente. Ha detto che gli è spiaciuto che fosse successo così. Parlando di quello che avevamo fatto si è eccitato di nuovo, rapidamente. Mi ha chiesto di rifarlo».
«Sei stata disposta di nuovo a stare con lui?»
«Sì, ma questa seconda volta l’abbiamo fatto in modo normale».
«Normale?».
Da davanti, non analmente».
«Spero si sia almeno lavato prima di entrare dentro di te», disse con disprezzo Giulio.
«Certo, non glielo avrei permesso diversamente».
«Quante volte vi siete visti».
«Dieci», mormorò lei.
«Le hai addirittura contate, le sai a memoria» allargò le braccia lui incredulo.
«Sì, so esattamente quante volte l’ho visto perché è sempre stata una sofferenza tornare a casa e dover sostenere il tuo sguardo, la tua conversazione. Capisci che per me era straziante?».
Giulio immaginò sua moglie. La rivide tutte le sere seduta al suo fianco al tavolo per la cena mentre celava quel segreto. Poi la immaginò su un letto di una casa sconosciuta. Nella sua immaginazione era mezza nuda e mezza vestita come doveva essere la prima volta che lui l’aveva presa. La immaginò rossa in volto mentre soffocava quel grido a cui aveva accennato mentre lui le entrava dentro. La immaginò persa in un sospiro che lo escludeva senza rimedio. La vide con lo sperma di un altro uomo a rigare il suo punto più intimo. Poi la immaginò seduta su un bidet squallido a togliersi di dosso l’orgasmo dell’altro.
Su lei, però, non aveva trovato tracce, segni che gli avessero permesso di capire qualcosa. Il tradimento non aveva lasciato segni evidenti sul corpo di lei, come non li lasciava l’amore coniugale. E trovava questa cosa sconvolgente e ineluttabile. La persona con cui viveva da sette anni era un abisso che non poteva sondare.
Pensò agli anni trascorsi con lei. Chissà se questo aveva un senso; se questo pensiero poteva contare in quel momento; se poteva essere un’ancora in quella stanza senza appigli dove davanti a lui si trovava quella perfetta sconosciuta di sua moglie.
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