Racconto di Alessandra Stifani
Nell’aula al secondo piano regnava il caos da primo giorno di liceo, grida risate, sedie per terra.
Poi il silenzio. No, non era il professore di greco con fama di cerbero, né la bidella che ci chiedeva di star zitti, solo un’improvvisa ventata d’aria fresca che sapeva di mare.
Indossava una camicia trasparente e pantaloni morbidi che disegnavano forme generose per la sua età; i capelli color del grano le cadevano in massa sulle spalle, gli occhi verdi un poco divergenti, la pelle candida, bellissima.
Era Venere, ma ancora non lo sapevamo.
Noi ragazze, adolescenti bruttine degli anni Settanta, con i jeans a zampa d’elefante, maglioncini girocollo stile “marines” comprati al mercatino americano di Livorno, i capelli corti, la guardammo smarrite.
Lei invece non ci degnò di uno sguardo e raggiunse il gruppo dei ragazzi, trasformati in statue di cera con le gote arrossate e la bocca aperta, un intenso afrore adolescenziale.
“Mi chiamo Mariella”. Un nome banale, ma che importava in tanto splendore?
Marcello, il belloccio moro e litigioso, le sorrise accattivante. Valerio, il figlio del preside, brutto e brufoloso, si alzò: “Ciao, ti stavo aspettando”.
La prese per mano e l’accompagnò al banco vicino al suo, capimmo che la conosceva già. Le famiglie, si seppe poi, avevano deciso per loro.
Solo Nando rimase di spalle; lineamenti fini capelli lisci lunghi fino alle spalle si guardava compiaciuto nel vetro della finestra: “ma quanto sono bello?”.
Iniziò così e negli anni a venire fummo testimoni un po’ invidiose, tanti amori, troppa bellezza: il fedele Valerio, il bellicoso Marcello e poi Giovanni, Marco magari anche il professore di ginnastica, chi può dirlo?
Nando non si curò mai di lei e così pensammo che avrebbe amato una di noi e fu solo il primo di tanti che incontrammo poi, capaci di amare solo sé stessi. Nessuno la sentì mai ridere, né scherzare.
L’anno della maturità, Mariella non tornò dopo l’estate: diciott’anni anni soltanto e si era buttata dalla scogliera, sparita nel mare dove era nata. Un amore infelice, avevano detto, un amore non corrisposto.
“Perché, Mariella? Bellissima e amata da tutti” Troppo giovani per comprendere.
L’abbiamo ritrovata agli Uffizi di Firenze, in gita scolastica.
Una sala affollata, sul fondo “La nascita di Venere”: capelli color del grano, occhi verdi, la pelle candida, bellissima.
Nata tra i flutti, venduta a Vulcano, amata da Marte e ignorata da Narciso. Ci aspettava con un accenno di sorriso e abbiamo capito.
Per sempre Venere, dea dell’amore, morta per amore.
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